30 ottobre 2012

Con le mani


Y ser flamenco es cosa: es tener otra carne, alma, pasiones,
piel, instintos y deseos;
es otro ver el mundo, con el sentido grande;
el sino en la conciencia, la mùsica en los nervios,
fiereza endependiente, alegrìa con làgrimas,
y la pena, la vido y el amor sombreciendo;
odiar lo rutinario, el méodo que castra;
embeberse en el cante, en el vino y los besos;
convertir en un arte sutil, y de capricho
y libertad, la vida; sin aceptar el hierro de la mediocridad;
poner todo en un envite;
saborearse, darse, sentirse, vivir! Eso.


Essere flamenco è avere un'altra carne, un'altra anima, altre passioni,
un'altra pelle, altri istinti, desideri:
è avere un'altra visione del mondo, con il senso grande;
il destino nella coscienza, la musica nei nervi,
fierezza indipendente, allegria con lacrime;
è il dolore, la vita e l'amore che incupiscono.
Essere flamenchi è odiare la routine e il metodo che castra;
immergersi nel canto, nel vino e nei baci;
trasformare la vita in un'arte sottile, capricciosa
e libera; senza accettare le catene della mediocrità;
giocarsi tutto in una sommessa;
assaporarsi, darsi, sentirsi, vivere! Questo.

Elegìa del cantaor - Tomàs Borràs



Le usi ogni giorno senza accorgerti di averle. Sposti, afferri, raccogli, doni, ricevi, apri, chiudi, conosci. 
Vedi.
E toccare con gli occhi per la prima volta te li lascia sgranati, senza la possibilità di un ulteriore battito che non sia quello dentro al petto.

E' lì che ha risuonato quella musica che è un lamento d'amore e di vita, un tappeto sonoro steso sotto i piedi e le mani del danzatore di Flamenco.


Comincia con 'il pianto della chitarra', e gli spettatori, sotto al tablao, bevono singhiozzi diluiti nella sangria.

Continua con la disperazione della voce, sostenuta dai primi battiti delle mani, palmo contro palmo, un suono sordo, ipnotico, che richiama, come da una cesta di emozioni selvagge, il danzatore.

Ma non lo vedi, in realtà, perchè i tuoi occhi sono sulle sue mani, prima, sui suoi piedi, poi.
E la musica scorre da mani a piedi, definendo la figura.

Le mani, in forma di ragno, la afferrano, arricciando l'aria, la portano sul corpo; il ventre la digerisce, le gambe la innervosiscono e i piedi, infine, la pestano, a terra, in un ancestrale tentativo di farla soccombere.

Ma la musica ritorna, le mani ricominciano a battere, il ritmo si fa incessante ed il danzatore è sempre più immobile, le braccia levate in segno di resa alla passione, le mani aperte, a riceverla.

Cos'altro può essere, il Flamenco, se non un rito nuziale, in cui la veemenza dei sentimenti contrasta con la purezza e l'armonia dei gesti?

Io, da quella notte al tablao, ho guardato le mie mani con altri occhi. Sgranandoli.

24 ottobre 2012

Bottiglia + acqua = luce

Acqua, ricchezza infinita.
Risposta esistenziale.
Risorsa, madre, cura.
Invenzione.

Qualche tempo fa mi sono imbattuta in maniera del tutto casuale in una notizia perfetta per il tema che stiamo affrontando, quindi ho deciso di risparmiarmi la mia consueta acidità a favore della condivisione.

Amy Smith, ingegnere americano del Massachussets Institute of Technology ha trovato un sistema davvero elementare per dare luce alle abitazioni più povere di Haiti. Gli ingredienti sono: acqua, una bottiglia di plastica ed un cucchiaio di candeggina per una ricetta chiamata Solar Bottle Bulb.

La periferia di Manila ospita baraccopoli talmente povere e sovrappopolate da non lasciare possibilità di avere luce naturale. Chi le abita spesso è costretta a vivere al buio. Così le bottiglie usate diventano un tesoro prezioso perchè se riempite ed adeguatamente fissate in copertura, consentono di sfuggure all' oscurità.
Come questo sia possibile è presto detto, le Bottle Bulb vengono infilate nei tetti di lamiera; i raggi solari captati dall'esterno vengono riflessi all'interno, generando un'illuminazione paragonabile a quella di una lampadina da 55 watt. le bottiglie-lampadina vengono distribuite e montate ad una cifra simbolica che si aggira intorno ad un dollaro, e ne sono già state vendute dodicimila pezzi nelle sole Filippine.

Solar Bottle Bulb, fa parte di un progetto denominato "un litro di luce" che abbraccia le teorie del movimento Appropriate Technology creato per sostenere le tecnologie semplici ed ecologiche contro la povertà, per un mondo migliore.


16 ottobre 2012

La pioggia nel Pigneto.


Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.

Dicono che il periodo sia giunto. Ne parlano giornali, televisioni, persone. Le piogge che arrivano e l’acqua che spazzerà via l’ultimo sentore d’estate. Maglie e pantaloncini corti, costumi e infradito. Ma questi non sono i miei temporali. 

Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude,
o Ermione.

I temporali estivi sono quelli che rispetto maggiormente. 
Sono quelli più carichi d’ira e di musica. Ma finiscono. Un sollievo, perché troppa rabbia non riuscirei a sopportarla. 
Hanno il sapore di una pausa tra un ventaglio che sventola e l’altro. Una boccata d'aria fresca durante il caldo opprimente. 
Quando la tempesta suona, io rispondo. Mi attrae, non riesco a stare dietro alla finestra o sotto all'ombrello.
Resto a bocca aperta ad osservare il cielo terso lottare invano contro grandi guerrieri grigi. Un lampo. Poi il tuono. Dopo aver ascoltato i primi riesco a contare i secondi del prossimo intervallo tra loro. Lampo. 1, 2, 3… Tuono. Squarcia il cielo. Sta arrivando.

Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitío che dura
e varia nell'aria
secondo le fronde
più rade, men rade.

Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
nè il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancóra, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d'arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.

L’odore è inconfondibile. Osservo le persone correre a cercar riparo mentre le prime gocce scendono. Le osservo. Ci ricamo e riadatto una melodia leggera. 


Ascolta, ascolta. L'accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s'allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s'ode voce del mare.
Or s'ode su tutta la fronda
crosciare
l'argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell'aria
è muta; ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell'ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.

Io non sento rane, non sento cicale. Non vedo ginepri nè tamerici. Sento solo lo scalpiccio di sandali nelle pozzanghere. Voci allarmate che urlano “Da questa parte! Qui sotto!”, le auto, frenate, tergicristalli. Nessuna foglia schiaffeggiata dall’acqua
La pioggia brucia sull'asfalto prima riarso dal sole. E vince, rinfrescando i pensieri. 
La città è il mio pineto.

Piove su le tue ciglia nere
sìche par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le pàlpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alvèoli
con come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i mallèoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri vólti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione.

Il trucco colato sulle guance, tacchi infangati e occhiali appannati. Ho voglia di salire sul terrazzo del palazzo più alto e abbracciare la tempesta. 
Poi però qualcosa mi ferma. Fulmini. 
Si, potrei restarci secca!

Apro gli occhi, mi sveglio dal sogno e corro sotto il primo cornicione, zuppa e fradicia ma ancora con quella melodia nelle orecchie.
Questa è la mia pioggia nell’urbanpineto. Questa è la mia acqua.

11 ottobre 2012

Acqua o vino (o birra).

Quando usciamo sostanzialmente io bevo acqua.
La preferisco frizzantissima, con fettina di limone, grazie.
Acqua un po' perché, come da mio post precedente, son sempre a dieta, e si sa: l'alcol ha più calorie del gelato, ed un po' perché a bere per me e per lui c'è già il mio moroso.
Ecco, credo che il fatto che io sia praticamente astemia, o comunque non abbia nessuna intenzione di prendermi una sbronza in nessun sabato sera, sia una delle cose che ama di più di me.
Che infinita dolcezza.
La questione è che finisco insignita del ruolo dell'autista, guido sempre a tornare indietro! Anche (e soprattutto) le volte che mi cala la palpebra che dopo 4 secondi, complice il rollio dell'automobile, avrei già la bolla dal naso modello manga giapponese.
Inoltre il mio moroso è decisamente più simpatico quando è un po' allegro, perlomeno c'è caso che balli, o che sentiate la sua voce, perché normalmente, in condizioni di totale sobrietà, si concede solo per sporadiche pungenti frecciatine, "il sentenza".
Quindi si, a patto che non esageri (se no chi lo regge più!), mi sacrifico volentieri.
E poi cavolo, io sono donna, per quanto riguarda me stessa, mi piace mantenere un certo aplomb...di donne che si rotolavano sul pavimento ne ho viste, e devo dire che proprio non è uno spettacolo degno di una signora. Credo che non paghi molto neanche con gli uomini, perlomeno quando hai anagraficamente passato i 15 anni.
Al limite la sbronza può tornare utile come scusa per fare cose che non faresti, ma che in fondo si sa! che le vuoi fare, ragazzaccia!!
Oh poi bere non mi serve troppo, se una è già divertente da sobria che male c'è?! ;)

9 ottobre 2012

Acqua azzurra acqua Chiara


Le domeniche pomeriggio d’inverno, dopo il consueto pranzo a casa dei nonni, mamma e babbo mi portavano a fare un bel giro con la macchina. La meta  era sempre il lago.
Quello finto dicevo io. Perché era artificiale. L’acqua blu e la foresta sommersa. La chiesa spostata per dar spazio all’acqua. Il vecchio albergo bombardato. Loro raccontavano storie di tempi lontani e io con la mia gonnellina scozzese ascoltavo rapita le loro parole.

D’estate c’era il mare, splendido, infinito, calmo. L’odore del caffè che usciva da quelle caffettiere che mio padre disegnava sulla sabbia quando eravamo solo io, lui, i gabbiani, l’alba e il mare.

Crescendo, tutta quell'acqua intorno mi stava stretta. E mi sono affacciata curiosa e assetata  sulle sponde del più biondo dei  fiumi. L’acqua non aveva il colore che usavo per disegnarlo. Ma il Tevere coi suoi ponti, i suoi tramonti, il traffico intorno, il logo della mia tesi, le lacrime sulle note di Someone like you,  ha stregato il mio cuore e mi ha strappato una promessa … ritornerò.

 L’ho abbandonato per l’Arno, dal profilo nobile, altero, a tratti presuntuoso e arrogante… anche lui ha saputo strapparmi un sorriso e una lacrima e mi ha fatto emozionare, nonostante lo abbia odiato profondamente. Percorrendo le sue sponde con la mia nuova bici e le cuffie alle orecchie mi son fatta stregare dalla chiesa di  San Miniato che sorveglia dall’alto. Dal  prezioso Ponte Vecchio. Dal  parco delle cascine. E cosi, anche con lui, siamo diventati amici.

Fra i due fiumi intanto un altro lago chiamato amore è entrato prepotente nella mia vita, devastandola come solo l’acqua irrequieta sa fare, lasciando tracce indelebili in me. Calmo meraviglioso e bello. Capace di cullarmi come solo la sua voce sa fare. Visto poche volte coi miei occhi, ma tante coi suoi che lo amano.  E per osmosi  l’ho amato anche io, come se mi appartenesse.
E ora riparto, verso le sponde di un nuovo fiume… perchè non si dica che non siamo fatti di acqua.

"Per tutto questo tempo sono rimasta ai bordi della vita, 
guardandola passare. 
Ora però in quel fiume voglio nuotare. 
Voglio sentire addosso la corrente." 
(N. Horan, da Mio amato Frank)




2 ottobre 2012

Un destino acqua e sapone

ATTENZIONE!
Questo post potrebbe sembrarvi, ad una prima analisi, dettato dalla più profonda e nera invidia, invece, dopo averlo letto, ne avrete l'assoluta certezza!

Ebbene mi rivolgerò a te mamma moderna, taglia 38, fasciata da una minigonna inguinale che ancheggi su zeppe vertiginose spingendo il passeggino: MA COME CAZZO FAI?
Ma come fai ad avere i capelli perfettamente stirati, il trucco come se fossi appena uscita dalle esperte mani di un visagista e tutto questo alle 7 e 45???


Mentre accompagno l'Uomo Lagno e Ozzy a scuola mi guardo intorno ed è tutto un brulicare di mamme sprint che volteggiano su tacco 12 con la piega perfetta e il trucco freschissimo, che scarrozzano bambini riluttanti (almeno quelli sono rimasti uguali), ed io? IO?
Mestamente mi faccio un rapido check-up, bene che vada sembra che mi hanno cacciato di casa a calci in culo!


Solo che al mattino la situazione a casa mia è critica, appena si svegliano i bimbi inizia il mantra : 'fate colazione, lavatevi il viso e i denti, vestitevi è TARDI!'
'vi siete lavati i denti?'
'mammaaaaaaa ma perchè si lavano sempre i denti? e se si consumano?'
'laaaaaaaaaaavaaaaaaaaaaati è taaaaaaaaaaaaaaaaaaaardi!'
'mammaaaaaaaaaaa mi aiuti che non riesco a mettermi i pantaloni!!!'
'arrivooooooooooooooooooo'
'mammaaaaaaaa i calzini non puzzano, me li rimetto?'
Ma davvero pensate che con questo casino riuscirei a piastrarmi e truccarmi?



Va bene probabilmente le aitanti mammine si sveglieranno di buon ora, ammesso di riuscirci anch'io a svegliarmi un'ora prima del solito, son sicura che dopo un po' i capelli inizierebbero a prendere una brutta piega e il trucco colerebbe, allora mi accontento di sfoggiare il mio look acqua e sapone da appena cacciata di casa e quando vi incrocio mamme-modelle, mi riservo di fulminarvi col mio sguardo da vipera invidiosa augurandovi di cadere dai vostri tacchi! Cattivissima me!