Taci.
Su le soglie
del
bosco non odo
parole
che dici
umane;
ma odo
parole
più nuove
che
parlano gocciole e foglie
lontane.
Dicono
che il periodo sia giunto. Ne parlano giornali, televisioni,
persone. Le piogge che arrivano e l’acqua che spazzerà via l’ultimo sentore d’estate.
Maglie e pantaloncini corti, costumi e infradito. Ma questi non sono i miei temporali.
Ascolta.
Piove
dalle
nuvole sparse.
Piove
su le tamerici
piove
su i pini
scagliosi
ed irti,
piove
su i mirti
divini,
su
le ginestre fulgenti
di
fiori accolti,
su
i ginepri folti
di
coccole aulenti,
piove
su i nostri volti
silvani,
piove
su le nostre mani
ignude,
su
i nostri vestimenti
leggieri,
su
i freschi pensieri
che
l'anima schiude
novella,
su
la favola bella
che
ieri
t'illuse,
che oggi m'illude,
o
Ermione.
I temporali
estivi sono quelli che rispetto maggiormente.
Sono quelli più carichi d’ira e di musica. Ma
finiscono. Un sollievo, perché troppa rabbia non riuscirei a sopportarla.
Hanno
il sapore di una pausa tra un ventaglio che sventola e l’altro. Una boccata d'aria fresca durante il caldo opprimente.
Quando la tempesta suona, io rispondo. Mi attrae, non riesco a stare dietro alla finestra o sotto all'ombrello.
Resto a bocca
aperta ad osservare il cielo terso lottare invano contro grandi guerrieri
grigi. Un lampo. Poi il tuono. Dopo aver ascoltato i primi riesco a contare i
secondi del prossimo intervallo tra loro. Lampo. 1, 2, 3… Tuono. Squarcia il
cielo. Sta arrivando.
Odi? La
pioggia cade
su la
solitaria
verdura
con un
crepitío che dura
e varia nell'aria
secondo le
fronde
più rade,
men rade.
Ascolta.
Risponde
al pianto il
canto
delle cicale
che il
pianto australe
non impaura,
nè il ciel
cinerino.
E il pino
ha un suono,
e il mirto
altro suono,
e il ginepro
altro
ancóra, stromenti
diversi
sotto innumerevoli
dita.
E immersi
noi siam
nello spirto
silvestre,
d'arborea
vita viventi;
e il tuo
volto ebro
è molle di
pioggia
come una
foglia,
e le tue
chiome
auliscono
come
le chiare
ginestre,
o creatura
terrestre
che hai nome
Ermione.
L’odore è
inconfondibile. Osservo le persone correre a cercar riparo mentre le prime gocce scendono.
Le osservo. Ci ricamo e riadatto una melodia leggera.
Ascolta,
ascolta. L'accordo
delle aeree
cicale
più sordo
si fa sotto
il pianto
che cresce;
ma un canto
vi si mesce
più roco
che di
laggiù sale,
dall'umida
ombra remota.
Più sordo e
più fioco
s'allenta,
si spegne.
Sola una
nota
ancor trema,
si spegne,
risorge,
trema, si spegne.
Non s'ode
voce del mare.
Or s'ode su
tutta la fronda
crosciare
l'argentea
pioggia
che monda,
il croscio
che varia
secondo la
fronda
più folta,
men folta.
Ascolta.
La figlia
dell'aria
è muta; ma
la figlia
del limo
lontana,
la rana,
canta
nell'ombra più fonda,
chi sa dove,
chi sa dove!
E piove su
le tue ciglia,
Ermione.
Io non sento rane, non sento cicale. Non vedo ginepri nè tamerici. Sento solo lo scalpiccio di sandali nelle pozzanghere.
Voci allarmate che urlano “Da questa parte! Qui sotto!”, le auto, frenate, tergicristalli.
Nessuna foglia schiaffeggiata dall’acqua.
La pioggia brucia sull'asfalto prima riarso dal sole. E vince, rinfrescando i pensieri.
La città è il mio pineto.
Piove su le
tue ciglia nere
sìche par tu
pianga
ma di
piacere; non bianca
ma quasi
fatta virente,
par da
scorza tu esca.
E tutta la
vita è in noi fresca
aulente,
intatta,
tra le
pàlpebre gli occhi
son come
polle tra l'erbe,
i denti
negli alvèoli
con come
mandorle acerbe.
E andiam di
fratta in fratta,
or congiunti
or disciolti
(e il verde
vigor rude
ci allaccia
i mallèoli
c'intrica i
ginocchi)
chi sa dove,
chi sa dove!
E piove su i
nostri vólti
silvani,
piove su le
nostre mani
ignude,
su i nostri
vestimenti
leggieri,
su i freschi
pensieri
che l'anima
schiude
novella,
su la favola
bella
che ieri
m'illuse,
che oggi t'illude,
o Ermione.
Il trucco
colato sulle guance, tacchi infangati e occhiali appannati. Ho voglia di salire sul terrazzo
del palazzo più alto e abbracciare la tempesta.
Poi però qualcosa mi ferma.
Fulmini.
Si, potrei restarci secca!
Apro gli
occhi, mi sveglio dal sogno e corro sotto il primo cornicione, zuppa e fradicia ma ancora con quella melodia nelle orecchie.
Questa è la
mia pioggia nell’urbanpineto. Questa è la mia acqua.
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