Y ser
flamenco es cosa: es tener otra carne, alma, pasiones,
piel,
instintos y deseos;
es otro ver
el mundo, con el sentido grande;
el sino en
la conciencia, la mùsica en los nervios,
fiereza
endependiente, alegrìa con làgrimas,
y la pena,
la vido y el amor sombreciendo;
odiar lo
rutinario, el méodo que castra;
embeberse en el cante, en el
vino y los besos;
convertir en
un arte sutil, y de capricho
y libertad,
la vida; sin aceptar el hierro de la mediocridad;
poner todo
en un envite;
saborearse,
darse, sentirse, vivir! Eso.
Essere flamenco è avere un'altra carne, un'altra anima, altre passioni,
un'altra pelle, altri istinti, desideri:
è avere un'altra visione del mondo, con il senso grande;
il destino nella coscienza, la musica nei nervi,
fierezza indipendente, allegria con lacrime;
è il dolore, la vita e l'amore che incupiscono.
Essere flamenchi è odiare la routine e il metodo che castra;
immergersi nel canto, nel vino e nei baci;
trasformare la vita in un'arte sottile, capricciosa
e libera; senza accettare le catene della mediocrità;
giocarsi tutto in una sommessa;
assaporarsi, darsi, sentirsi, vivere! Questo.
Elegìa del cantaor - Tomàs Borràs
Le usi ogni giorno senza accorgerti di averle. Sposti, afferri, raccogli, doni, ricevi, apri, chiudi, conosci.
Vedi.
E toccare con gli occhi per la prima volta te li lascia sgranati, senza la possibilità di un ulteriore battito che non sia quello dentro al petto.
E' lì che ha risuonato quella musica che è un lamento d'amore e di vita, un tappeto sonoro steso sotto i piedi e le mani del danzatore di Flamenco.
Comincia con 'il pianto della chitarra', e gli spettatori, sotto al tablao, bevono singhiozzi diluiti nella sangria.
Continua con la disperazione della voce, sostenuta dai primi battiti delle mani, palmo contro palmo, un suono sordo, ipnotico, che richiama, come da una cesta di emozioni selvagge, il danzatore.
Ma non lo vedi, in realtà, perchè i tuoi occhi sono sulle sue mani, prima, sui suoi piedi, poi.
E la musica scorre da mani a piedi, definendo la figura.
Le mani, in forma di ragno, la afferrano, arricciando l'aria, la portano sul corpo; il ventre la digerisce, le gambe la innervosiscono e i piedi, infine, la pestano, a terra, in un ancestrale tentativo di farla soccombere.
Ma la musica ritorna, le mani ricominciano a battere, il ritmo si fa incessante ed il danzatore è sempre più immobile, le braccia levate in segno di resa alla passione, le mani aperte, a riceverla.
Cos'altro può essere, il Flamenco, se non un rito nuziale, in cui la veemenza dei sentimenti contrasta con la purezza e l'armonia dei gesti?
Io, da quella notte al tablao, ho guardato le mie mani con altri occhi. Sgranandoli.