19 aprile 2016

Non so mai che cazzo mettermi.


Oggi non so.
non so cosa mettermi in testa.
Oggi non so se sia il caso di abbottonarmi la fantasia fino agli occhi oppure scoprirmi le braccia e sfoggiare la mia rabbia nuova. L'ho presa ai saldi, sapete, era un'occasione.
Di solito con questa temperatura preferisco mettermi comoda e girovagare con i capelli tra le foglie e le sneakers in mezzo al fango. Sporcarmi bene, e non parlare con nessuno, se non col l'omino dei gelati. Anzi, forse vorrei essere l'omino dei gelati.
Forse vorrei essere solo. Libera.

Ecco, vi piace la mia rabbia nuova? Ok, forse non era proprio nuova. Diciamo vintage. ma sempre di moda.
Ormai la vedi ovunque: Top, stivali, occhiali da sole, capi spalla. per tutte le occasioni.
Tipo, oggi devo andare ad un evento mondano. (ma non s'era detto pozzanghere?) Mi metto un tacco a stiletto, ma solo per legittima difesa. (ma non s'era detto libertà?) Tiro su il bavero per nascondere la smorfia di disgusto e mostrare solo il rossetto perfetto. (ma il gelato?) e magari un bel cappello a tesa larga per portarmi dentro i pensieri più sconvenienti, senza che se ne accorgano.
Stamattina mi vesto di rabbia dalla testa ai piedi, creando un outfit total look.



9 agosto 2015

Treviso

Mio nonno aveva le mani ruvide, solide e perennemente graffiate.
Le riconoscevo quando si infilavano nel letto per darmi una carezza nel dormiveglia, come a concedersi il lusso della tenerezza solo nel conforto della penombra.

Cantava mio nonno.
Fischiettava.
Suonava con tutto il corpo mentre si muoveva durante la giornata.

Nei pomeriggi in campagna nonna preparava un cestino con i viveri che avrei dovuto portargli: metteva sempre un chinotto fresco e tovaglioli colorati di carta. Poi mi porgeva il manico e io sparivo tra i filari della vigna, pronta a farmi guidare dal suono metallico della radio da taschino che accompagnava quotidianamente i lavori agricoli di mio nonno.
Mio nonno amava la terra e la campagna ma vangava, legava vinchi e raccoglieva fragole in camicia, cravatta e bretelle. E io avevo perennemente scarpe e pantaloni impolverati quando stavo con lui.


Cantava mio nonno, per prendermi in giro.
Diceva che ero troppo silenziosa e lo faceva con aria severa, poi distendeva le labbra e mi allungava una carezza furtiva.

Mio nonno amava la terra, i prati su cui aveva fatto pascolare le bestie da bambino e le fonti. Conosceva palmo a palmo due vallate e tutte le sorgenti tra esse comprese, che ad ogni viaggio diventavano sosta e racconto.

I viaggi erano tremendi: la guida è sempre nemica giurata di un vecchio col cappello, e questo era mio nonno. Senza contare il mal d'auto, un grande must coadiuvato dall'odore nauseabondo di anice e mou sprigionati da un numero imprecisato di pacchetti di caramelle presenti nella sua macchina.

Mio nonno detestava sentirmi fischiare e masticare la gomma americana.
E io masticavo e fischiavo e facevo palloni grandissimi nei miei quindici anni, seduta sul sedile anteriore.

Mi ha insegnato la musica, mio nonno.Ma la musica ha i suoi tempi per scendere nel cuore e fiorire, così per anni ha accettato sbuffando neppure troppo i miei Cranberries.

Parlavamo, io e mio nonno, certe volte anche in inglese.
E quando mi guardava i suoi occhi grigio azzurri diventavano così profondi che avrei potuto vedergli fin dentro lo stomaco.

La sua canzone preferita l'ho imparata anni dopo, ed era una canzone davvero bella.
Nonno, ascoltiamola adesso.



13 aprile 2015

Polvere (magica)



“Il comportamento fisico della polvere segue leggi che non sono sempre paragonabili a quelle dei solidi o dei fluidi. Per esempio la pressione su di una scatola piena di polvere non necessariamente appare essere uniforme.” (Wikipedia)


Due settimane, se uso un antistatico. Anche meno.
Tra un mese sarà abbastanza uniforme. In un anno sarà piuttosto spesso.
Comunque,  quando su tutto questo si sarà posato un sano, rassicurante, morbido strato di polvere tutto sarà passato. Non farà più male.
Anzi, finirà come tutte quelle cose di un tempo che, dopo un po’ che non le guardi più, d’improvviso le rivedi ed ecco che inaspettatamente hanno assunto un fascino particolare.
È la polvere, ciò che abbellisce tutto. Cianfrusaglie trovate nell’uovo Kinder, la gomma del Piccolo Mugnaio Bianco, cartoline da Rimini del ’73.
Quello che rende un oggetto abbandonato un magnifico pezzo d’antiquariato, ciò che rende un orribile capo di abbigliamento un fichissimo abito vintage è solo il tempo che passa, un minuto dopo l’altro.
Le cose che hanno più valore sono quelle che più a lungo sono state attraversate dalla vita .
Quelle che hanno superato un mucchio di battaglie, senza mai essere state gettate via.
Quelle che ti hanno visto diventare grande, ed avere il coraggio di mettere da parte quello che non volevi più.
Perciò ecco. Adesso smetterò di guardarti, ti prenderò e ti chiuderò in una scatola, dopodichè ti metterò in cantina, e ci vediamo tra vent’anni. Ci sorriderò su, come su quella stupida maglietta che mettevo alle medie.



La Flor




16 gennaio 2015

Latte, biscotti e vento.




Nel fine settimana torno spesso a trovare la famiglia. 
Certe mattine, se mi sveglio presto e non ho bevuto troppo la sera prima, ho il capriccio di andare ad intrufolarmi nel letto dei miei. Mio padre è già in cucina a preparare il caffè, mentre mia madre indugia tra le lenzuola ancora un poco. La trovo ogni volta con un cuscino diverso, frutto di studi ed esperimenti più svariati, al fine di trovare prima o poi la posizione più congeniale per i suoi acciacchi dell'età. Faccio piano per non spaventarla, lei quasi subito apre un occhio e senza dire niente si fa più in là per farmi posto. Io mi infilo nei pochi centimetri tra lei e il bordo del materasso, cercando di capire come fa a dormire con quel cuscino.
- Buongiorno
- Buongiorno...
Lei richiude l'occhio e riprende a dormire. Io resto sveglia ad osservare la sua pelle liscia e incredibilmente setosa.
Non si è mai truccata, la mia mamma. Nel silenzio della domenica mattina mi godo il suo respiro sulla faccia. E io non so come faccia, ma il suo soffio, anche da così vicino non è caldo né sa di niente. E' fresco e leggero, sa di vento. Come se dentro avesse il cielo. E allora mi ricordo che è sempre stato così. Fin da quando ero piccola, il respiro di mia madre aveva una temperatura particolare. Tipo la temperatura di fine Marzo. 
Poi lei si sveglia, e anche questa volta mi dice "Quando eri piccola non ti facevo mai venire nel lettone. Se facevi un brutto sogno ti dicevo 'stai un pochino e poi torni al letto tuo'..." e per me era una vittoria quando si addormentava e non si accorgeva che ero rimasta lì tutta la notte. 
Forse i brutti sogni esistono per questo.


La Flor 

 

3 gennaio 2014

La Casa delle Donne







Non è un destino segnato.
Non è un caso isolato.
Non è una condizione sociale.
Non è sempre visibile.
Non è la normalità.
Non è amore.










Femminile plurale, del genere che urla NO con gli occhi, la bocca, le mani, che scalcia contro chi vuole ferrarlo; queste sono le DONNE a cui vorrei costruire quel senso di protezione che hanno perso, intorno alle quali generare uno spazio in cui sentirsi progetto di se stesse.

 La Casa delle Donne.



NO. Non un luogo in cui rifugiarsi ma dal quale aprirsi nuovamente.
NO. Non il luogo solo del nero ascolto ma di scambio di esperienze che possano ricolorarsi.
NO. Non per isolarsi ma per accogliere gli uomini che le braccia le usano per aiutarci a costruirla, tese ancora a cingerci la Vita.

NO. 365 volte NO.

Perché tutti i giorni si ricordi che di passionale in un omicidio non c'è nulla; che 'dai, fate la pace' lo si suggerisce ai Paesi in guerra; che gli occhi neri stanno bene solo ai pirati; che le parole, pur sottili, provocano lividi; che un NO non è un sì malcelato.

Negare l'evidenza dei fatti non si può, più.
Quello che vi chiedo è un SI:


Grazie.