25 settembre 2012

Dentro e fuori di me

Da lei nasce la vita, in lei la vita prolifica.
Il nostro corpo ne è principalmente composto.
Ogni forma di vita su questa terra ne è in parte composta.

Immergercisi ci riporta ad uno stato primordiale, ad una condizione fetale.
Se si trattiene il respiro sufficientemente a lungo si riescono a sentire le voci dei nostri pensieri.
Ti avvolge il corpo e ti rende ancora più facile percepire come si è parte di un tutto.

Il peso si modifica, la propria consistenza è diversa.

E l'anima è più leggera.
O più pesante.

Cosa succede quando qualcuno buca la bolla che ci protegge?
E' un'onda che ti assale e ti distrugge.
Allora tutta insieme la pesantezza di quella massa ti ripiomba addosso.
La gravità, già, la gravità, come la forza che la scaraventa contro di te.
Ma anche la gravità degli atti che hai commesso, che hanno spezzato altre bolle.

Lo stesso elemento che ci dà vita ce la può togliere.

Tutta insieme, o poco alla volta. Un'inondazione, o una goccia costante e incessante,
a perforarti il cuore.
E l'ultima acqua rimasta a quel punto è quella che sgorga dagli occhi.





21 settembre 2012

Vee come Tsunami

Ecco da cosa sono stata - ancòra - investita.
Ci ho messo un po' a capirlo, e se proprio mi volete sincera, non me ne sarei accorta se non l'avessi visto - ancòra - negli occhi di chi mi sta accanto.
Proprio come tutte le cose che mi caratterizzano da sempre e che non sono mai pronta ad ammettere.
Ogni volta che un evento mi travolge, di qualsivoglia natura, si traduce in fiumi di parole [che vorrei dire], e-mail [che vorrei comporre], messaggi [che vorrei inviare], (grazieaLaifIsNaosemprepiùspessomeno) telefonate [che vorrei fare] per comunicare al mondo come mi sento.
Perché io le invidio davvero tantissimo quelle persone riservate, che gioiscono in silenzio, che soffrono in silenzio, che si annoiano in silenzio, che odiano in silenzio...io no, io non sono capace, a me si legge in faccia quel che ho dentro, mi si riflette negli occhi, si percepisce dalle twitminchiate che lancio nel web. E quel che viene fuori poi, sotto forma di sfoghi, non è null'altro che il risultato di quello tsunami che ho dentro.
Ho un modo davvero brutto, io, di elaborare le emozioni.
E' un tumulto, investo cose, persone, sono rumorosa, divento invasiva, eccessiva. E talvolta faccio male. Oh sì, faccio anche male. Le cose che escono dalla mia bocca possono far più male dei tagli con la carta, senza star qui a spiegare quanto fanno male e come sono fastidiosi.
Non posso neanche fare finta, volendo.
Così investo i poveri tapini che poi fan parte di quel meraviglioso insieme chiamato amici. E allora ecco che, così come riconosco le mie gioie nei loro sorrisi, riesco anche ad intravederne il dolore. E il silenzio di chi non può far nulla per fermarlo mi fa capire cose.
Tornando allo tsunami, ce l'avete presente, no?  Una potenza bestiale, rumorosa, distruttiva.
Anche io, molto analogamente, non mi so fermare.
Non si può riuscire a fermarla, l'acqua di questo tsunami.

20 settembre 2012

Trasparenze marine


Occorre avvicinarsi ai tuoi occhi per guardarci dentro. Sono lenti di caleidoscopio, e i  pezzetti di specchio riflettono mondi sommersi. Il tuo corpo è composto al settanta percento di acqua di mare, il dieci è fatto di sabbia bianca, il cinque di conchiglie, con piccole parti di abisso.

Quello che devi fare, lo sai già, è fluire, scorrere. Non nuotare ma fluire. Goccia dopo goccia tutto ti scorre sulla pelle, sulle braccia, sulle gambe. Lambisce, accarezza, sciacqua. Un’onda alta ti solleva, una bassa marea ti posa sulla spiaggia. No, non sei sua schiava, sei parte di lui.  
Immerso nell’argento quel pensiero che avevi nascosto si cancella. Scolorisce dalla pelle e si mischia alla salsedine. Si scioglie. Diventa mare. Guarisce. Libera.


La tempesta è passata, e tu non te ne sei neanche accorta. Il dio del mare questa notte non è stato gentile con te. Ti ha sbattuta tra i flutti senza rispetto. La tua zattera si è spezzata, lasciandoti affogare tra il nero e il blu. 
All’alba eri di nuovo in superficie. Sotto al cielo, di nuovo. Il sale incrostato nelle ferite, sanguinante, umiliata. VIVA. Forse pensavi di sognare, perché troppo grande era la fortuna di sopravvivere. Forse credevi di non meritarlo. Forse avevi paura di averlo offeso in modo irreparabile, questa volta, alzando la testa oltre l’increspatura.

Quello che ancora non sapevi era che lui, il Mare, nella notte, ti aveva salvata. E' stato violento quando ti ha trascinato lontano, al di là delle rotte già percorse. Ma è proprio galleggiando in quelle acque familiari che tu avresti incontrato fantasmi di pirati e mostri dei fondali. Nella notte lui ti ha tuffata in onde trasparenti. Tra la spuma e i coralli farai un nuovo approdo. Qui, ora, ci sei solo tu e lo specchio. Dell’acqua




11 settembre 2012

Sirena d'inverno


La portarono in acqua ancor prima che iniziasse a camminare a terra, così che, invece di una superficie ferma,
i suoi piedi ne conobbero una in continuo movimento.

Visse così, ogni anno, con il ricordo di quell'impatto che a tutti appare freddo, ma che a lei insegnò a camminare.

L'inverno attende, si veste da sirena sulla terraferma, arroccata sullo scoglio della quotidianità.
Ha imparato a camminare sulle braccia, ma la coda di pesce si muove nervosa, le imprigiona le gambe.

Il suo senso più sviluppato è l'olfatto, lo usa per riconoscere l'odore di salsedine delle cose, delle persone che la fanno sentire a casa.
Ma spesso si sbaglia, confusa da altri odori, e sono solo alghe e vorrebbe poter chiedere in prestito a suo padre il tridente.
Per spazzarle via.

Quando il sole si avvicina alla Terra, prima che gli altri si accorgano che è estate, lei è già lì, le squame che cadono, l'olfatto in subbuglio.

Si spoglia della coda, scioglie le gambe in un movimento improvviso e toccare il fondo non è mai stato così liberatorio.



Non si immerge, non galleggia, non nuota.
Cammina.

Le squame sono ormai sparse sulla superficie dell'acqua, ad accecare chi non sa.

Voglio insegnarti a camminare come il mare ha fatto con me.



10 settembre 2012

Cosa mi manca?

Ecco, contrariamente alle regole che ci siamo auto proposte con i precedenti post....
Io, The Iron Lady, dopo le vacanze, ho preso l'incredibile decisione di mettermi a dieta.

Cazzarola!

Era inevitabile, però... purtroppo so perfettamente che mangio come un bufalo.
Lo faccio sempre quando la mia metà mela non c'è.
Per colmare il suo vuoto, credo.
Così come ho sempre fatto... mangiare, riempirmi di tutto quello che potevo per sopperire alla mancanza di ciò che non avevo.
E il risultato? Che mi sono sempre e soltanto autodistrutta. Ogni giorno un po' di più.

Ma ora basta.. insomma, Lady.. che ti manca?
Niente!
Un buon lavoro, una casa, un uomo accanto, una famiglia unita, tante amicizie vicine e lontane che ti scaldano il cuore.

E allora.. sei già piena di un sacco di cose.. il cibo non ti serve.

Sai che devi fare? Devi fare come dicevano gli antichi.. boh! Cinesi? Giapponesi? Antenati? Che ne so chi lo diceva.. fatto sta che....

Devi fare come l'acqua.

L'acqua che, piano piano, ma costantemente, riesce persino ad erodere una montagna.
Essere acqua che con determinazione e pazienza, giorno dopo giorno, cerca di fare un millimetro in più per raggiungere il suo obiettivo.. per farsi largo tra le rocce e sentirsi libera.

Così dovrò fare io.
Impegnarmi nel mio piccolo per non sentire più il vuoto dentro, volermi più bene, e con costanza raggiungere il mio obiettivo.
Arrivare fino in fondo.. sentirmi finalmente più leggera.
Più easy. Meno rompipalle. Più serena. Meno pessimista. Più viva.

Viva come l'acqua, che scappa di qua e di là, acqua che non riesci a fermare, non riesci a trattenere.... Acqua che arriva dappertutto... con una forza incontenibile e una vitalità ineguagliabile.

Io, Acqua.